lunedì 1 giugno 2009
salvami, salvati, salvali, salviamoci
l'ultima volta che abbiamo parlato, era venuto fuori il discorso sulla giustizia, parlando del senso delle nostre vite, sullo scopo da dare all'esistenza... le solite chiacchiere da bar, insomma... io insistevo ostinatamente nel dire che se c'è tanta ingiustizia, deve pur esserci una "Giustizia" per cui lottare, e vivere, e in realtà lo dicevo più per convincere me, che per far cambiare idea a te, che su questo non eri d'accordo.
così c'ho continuato a pensare, cercando qualche argomentazione per smuoverti (e per rinsaldare le mie fragili certezze). immaginati, per esempio, di camminare per le strade di milano e di vedere (non ci vuole poi neanche troppa immaginazione...) un immigrato maltrattato dalla polizia, o un ubriacone o un tossico stesi per terra, senza sapere se sono vivi o morti, o una donna malmenata dal compagno, o un ragazzino dormire al freddo su una panchina o un gradino... nelle diverse situazioni vedresti il più delle volte gente che passa indifferente oppure che si ferma a curiosare formando un improvvisato pubblico. tu, ma ugualmente io (ricordati che mi rivolgo soprattutto a me stesso), faresti (farei) molto probabilmente parte di quel piccolo drappello di persone radunate a semicerchio intorno allo sbirro violento di turno, per dirne una... e intorno non sarebbe difficile ascoltare le voci contrastanti di chi approva (con annessi e connessi, dal più classico "sporco negro" al più moderno "bastardo clandestino"), e, parimenti, di quelli che disapprovano. in tutto ciò, tu, o io, saremmo certamente tra quelli indignati dalla prepotenza del poliziotto, e impietositi dalla condizione del ragazzo, così come lo saremmo per il tossico, o la donna vittima del suo uomo. eppure, nonostante l'indignazione e la nobile compassione, probabilmente rimarrei lì fermo, indignandomi e compatendo, magari commentando con chi mi sta vicino, tormentato da una coscienza che mi vorrebbe attivo, aspettando l'intervento di qualcuno più coraggioso e con le idee più chiare, ma in definitiva talmente indeciso sul che fare da dare il tempo alla situazione di sbrogliarsi da sè prima di un mio intervento salvifico.
è chiaro che non parlo di te, forse faresti lo stesso, forse peggio, fregandotene, io però lo so, io farei così, perchè l'ho fatto, l'ho già fatto e lo faccio tutti i giorni. una volta era una ragazza africana senza documenti che non aveva soldi per pagare una multa al controllore, che la minacciava di chiamare la polizia, un'altra volta situazione molto simile su un treno, dove la polizia poi è arrivata davvero, un'altra volta ancora una guardia giurata davanti al discount invitava caldamente due ragazzi senegalesi a "tornà nella foresta a magnà 'e banane", mi capita tutti i giorni quando passo vicino a una "barbona" (ha poco senso questa definizione data ad una donna), evidentemente sola, forse con problemi mentali, ignorata, o peggio disprezzata, dagli sguardi veloci di chi va di fretta a prendere il tram o la metro.
vorrei, in queste circostanze, qualcuno che intervenendo mi desse un esempio, o qualcuno che mi dicesse addirittura cosa fare, come farlo... ma anche qualcuno che mi convincesse del fatto che la cosa non mi riguarda, o tutt'al più che sì, è triste, ma io non ci posso fare niente...
perchè, vedi, noi, essendo di quelli che si impietosiscono o si indignano per queste cose, ci crediamo fondamentalmente diversi dal becero razzista che è contento di vedere ronde in giro e immigrati maltrattati e ubriachi arrestati. ci sentiamo sostanzialmente diversi, non ci riconosciamo in berlusconi o nella lega, e lo dimostriamo non votandoli, e parlandone sempre male, quando vogliamo raccontare dei danni che fanno all'italia. tutto questo, insieme magari al fatto di non aver mai giudicato nessuno dalla sua pelle o dalla sua provenienza, legittima alla radice il nostro sentirci diversi, persino anti-razzisti.
io però penso che in fondo, di fatto, se restiamo sempre, o quasi sempre, tra quelli che stanno a guardare, noi siamo come loro, come i "beceri razzisti" che votano lega, e anzi siamo peggio, siamo fascisti benpensanti, che non sanno nemmeno di esserlo, ma oppressori alla pari dello sbirro dal manganello e dalle manette facili...
a questo punto tu mi dirai "sì, vabbè, ma a me non capita spesso di vedere 'ste cose, anzi quasi mai, milano è grande, semmai qualche volta ne parlano in televisione e scopro che è successo vicino casa mia, ma che ne so io...". e c'hai ragione pure tu, mica teniamo il satellite al posto degli occhi, mica possiamo andarci a cercà le situazioni per poi fare i supereori! è vero. ma le cose poi si sanno, si sa che succedono. solo che tra il vederle dal vivo, l'ascoltarle dalla televisione, e il viverle attivamente ci sono delle sottili differenze.
la nostra non è una condizione isolata secondo me, siamo parte di una generazione, che quando non è esplicitamente razzista, il più delle volte è generalmente schifata dall'andazzo che abbiamo preso come paese, e come mondo. molti di noi sono tendenzialmente pacifisti e contro ogni razzismo. saremmo una forza se fossimo coerenti con quello che diciamo e pensiamo. i nostri "colleghi" dei collettivi universitari o dei partiti ci sembrano troppo radicali, o troppo moderati, o troppo politicizzati... quelli cattolici, quando non conservatori, sono più inclini alla carità che alla lotta. e così davanti alla televisione ci ritroviamo soli, a volte incazzati, ma sempre incapaci di reagire, per di più se c'è uno schermo a separare me da una tragedia. schermo che poi ritrovo anche quando invece l'ingiustizia è a portata di mano, nel mio quartiere, ma non so cosa fare. e così scopro (non so se sia colpa della televisione) che, vicine o lontane, le vite altrui, frustrate o maltrattate che siano, mi sfuggono, perchè sempre tra me e loro ci ritrovo uno schermo, come quello dal quale ti sto scrivendo. lo stesso schermo mi frena dall'agire tanto davanti alla televisione quanto mentre sono nel gruppetto di persone intorno allo sbirro che mena. e non vale giustificarmi, non vale dirmi che io però non sono come loro, non vale nemmeno pensare che io un giorno farò qualcosa di importante per cambiare le cose... (ma a cominciare da quando??)
Insomma: mi costerno, m'indigno, m'impegno, poi getto la spugna con gran dignità!
non chiudo così però, robbè. perchè di vie che si possono prendere ce ne stanno eccome, a volte bisogna cercarle, forse ci vuole lo sforzo di spegnere la televisione, usare meglio internet, leggere qualche giornale e libro in più, e poi soprattutto lo sforzo di essere sempre presenti a se stessi, di non mancare agli appuntamenti che la vita ci mette davanti, credendo magari che stavolta non tocchi a noi salvare il mondo, perchè stavolta andiamo di fretta, o non abbiamo capito bene la situazione, o semplicemente non abbiamo le competenze adatte per intervenire efficacemente. di vie ce ne sono. sono nei mille comitati, associazioni, reti, forum, di gente che non solo s'interessa e parla, ma poi fa, e ci spende la vita, cominciando dal più vicino ("prossimo" direbbe qualcuno), perchè non è che bisogna per forza andare nel "terzo mondo", o in zone di guerra... il prossimo è chiunque, quello che vedo e quello che non vedo, e non si tratta di fare beneficienza o carità, tutto deve nascere secondo me dal sentirsi appunto vicini. dopo anni che ci conosciamo, se ti succedesse qualcosa ti difenderei, mi muoverei per starti vicino e aiutarti, e tu, lo so, faresti lo stesso per me, non perchè me lo devi o perchè ti faccio pena, ma perchè siamo amici... e allora non dovrei fare lo stesso per qualcuno che mi abita accanto, o per i rumeni che da due anni vedo alcolizzarsi sotto casa mia? non sono "prossimi"? e non sarebbe onesto se mi sentissi anch'io un po' colpevole per il razzismo, l'intolleranza, la diffidenza reciproca che sono nell'aria, se non altro perchè finora me ne sono fregato?
e bada, niente di tutto ciò dovrà farci sentire con l'anima in pace e la coscienza a posto: si vive tutti i giorni, ci sono scelte e decisioni da prendere ogni momento, e non esiste la svolta che ci cambia e ci salva una volta per tutte, ogni volta possiamo sbagliare o fare bene, ma ogni volta non sapremo mai veramente se abbiamo sbagliato o fatto bene.
vabbè, non salveremo noi il mondo, e non finiremo sui giornali o sui libri di storia, ma un po' di felicità qua e là potremo condividerla, e allora forse questa sarà la conferma che è valsa la pena di vivere...
...e spero di essermi stato chiaro.
lunedì 6 aprile 2009
il grande fratello e la tranquillizzante banalità della tragedia
ma pure la faccia nostra eh, sì la faccia nostra, quando raccontiamo magari dell'amico del cugino, o della cugina dell'amica che stava lì, quando raccontiamo del nostro banalissimo terrore nel momento in cui ci siamo accorti che il letto tremava, con tutta la casa.
che pena gerry scotti che apriva la sua puntata del milionario dicendo che era stata registrata tre giorni prima, e che quindi non aveva i toni "giusti" per l'occasione. capito? si giustificava...!
e mi viene a ridere quando cucuzza fa la persona seria parlando del terremoto abruzzese, con la stessa identica serietà con cui fa il gossip del pomeriggio su raiuno.
tutti si sentono di dover dire qualcosa in merito, quando il silenzio invece sarebbe la miglior cosa. ma chi vi ha chiesto di parlare? qualcuno vi ha chiesto conto di quello che fate? di quello che siete? qualcuno vi ha dato la colpa per essere quello che siete?
tipo quelli che dicono: stasera ovviamente il grande fratello non si fa per lasciare spazio a matrix speciale tg5. ma perchè scusa dire una cosa del genere, perchè sentirsi in colpa a mandare in onda il grande fratello? ma non è ovvio niente non è ovvio! ma perchè, non c'è una tragedia ogni giorno? non c'è ogni giorno un terremoto, un'alluvione, una bomba, una strage? non c'è ogni giorno dolore e morte? se è inopportuno fare il grande fratello oggi allora in base a quale criterio si decide di farlo sempre normalmente?
ma loro sanno che sono due le possibilità in questi casi:
o si tace, facendo finta di niente (ricordo quel capodanno 2007, credo, festeggiato in televisione come se niente fosse, con culi e tette e canzonette, a quattro giorni dal disastro dello tsunami in sri lanka, dopo che tutti fino a un attimo prima avevano speso parole di cordoglio e solidarietà. ma non si poteva rovinare il capodanno agli italiani, col rischio poi che, con la tristezza addosso, non spendevano nemmeno la notte di capodanno);
oppure se ne parla, e se ne parla troppo, fino alla nausea, fino all'ossessione, per toglierci in qualche modo comunque il peso di dosso. parlarne per esorcizzare, dalla mattina alla sera, in tutte le salse, sempre le stesse immagini riproposte all'infinito, finchè non diventano qualcosa di conosciuto, familiare, e quindi rassicurante per noi che siamo qui lontani e non possiamo fare niente.
parlarne, parlarne di continuo per non pensarci veramente, per allontanare la tragedia sempre di più da noi, perchè finisca presto in quell'archivio rimosso di immagini dei ricordi qualunque, insieme a quelle dei film al cinema, delle pubblicità viste nella stazione metro, quelle passate dallo schermo della televisione durante i tg o i reality (che ormai sono la stessa cosa), insieme alle immagini di youtube, di pornotube...
vederne e ascoltarne, per rimuovere. così che se ci dovesse poi capitare di trovarci un giorno o l'altro in una situazione del genere saremmo già immuni, perchè vedremmo tutto dal filtro di uno schermo, quello schermo che ci fa stare a noi di qua, e tutto il resto, bello o brutto che sia, di là.
...ed è così tranquillizzante
giovedì 19 febbraio 2009
o barbarie... o barbarie
"Il Parlamento ha approvato senza obiezioni e con voto plebiscitario un aumento di spesa del 38 percento nei finanziamenti alla guerra in Afghanistan.
40 milioni al mese. Ieri sera il Senato ha approvato all'unanimità il decreto legge (n.209 del 30 dicembre 2008) che rifinanzia tutte le missioni militari italiane all'estero. La Camera dei Deputati l'aveva approvato lo scorso 21 gennaio con due soli voti contrari e quattro astenuti.
Per la partecipazione italiana alla missione Nato in Afghanistan (Isaf) sono stati stanziati oltre 242 milioni di euro per i prossimi sei mesi, ovvero circa 40 milioni al mese - nel 2008 la missione era costata 29 milioni al mese."
[fonte: peacereporter.net]
Mentre l'Italia si lancia nella caccia al rumeno (o "romeno" o "rom"... per i giornalisti italiani non fa molta differenza), il centro-sinistra si strappa le vesti sul dramma di Veltroni, e la "sinistra" affoga nelle sue beghe interne, un Parlamento ormai ridotto a servile adunata di servi esecutori di un volere esterno ed altro approva, di nuovo, ma stavolta praticamente all'unanimità, la guerra.
Non c'è mai crisi per i militari, anzi. Quanto più la crisi si abbatte sull'economia e sulla società tanto più le industrie di armamenti sentono odore di affari fiorenti. E così, mentre la sicurezza della casa e del lavoro è sempre più un miraggio, investire in armi porta i suoi bei frutti di questi tempi, e non a caso sono proprio questi i titoli che in borsa non hanno conosciuto le pesanti cadute degli altri settori. Da che mondo è mondo è sempre stato così. In epoche difficili, quanto il risentimento e la frustrazione dilagano tra la gente, per tenere a bada gli animi bisogna trovare un nemico buono da additare come colpevole di tutto, e distrarre così la gente per bene con questo specchietto per le allodole. E' perciò che la guerra è sempre in salita quando il nostro benessere e la nostra serenità sono in discesa.
Ma se possibile io direi che non è questa la cosa più grave. Periodi neri, tragici, si sono sempre visti nella storia. Ma io oggi sento mancare anche l'idea di un'alternativa, almeno qui in Italia. Una crisi così profonda del capitalismo non si vedeva da 70 anni, eppure quello che adesso c'è di diverso è che nessuno ha una ricetta per uscirne, se non quella di continuare a sostenere, solo con qualche marginale aggiustamento, l'attuale sistema. Manca un'ideologia [o se volete "ideale", che fa meno paura...] capace di fare da collante per tutti quelli che non credono giusto ed equo questo assetto globale. Non chiedo di tornare a credere al comunismo dei soviet russi, come vorrebbe qualche nostalgico tenacemente aggrappato al suo simbolo identitario, però mi piace rileggere pagine di quella vecchia storia, quando di fronte a grandi avversità ci si poteva sentire forti guardando al sogno di una rivoluzione imminente. Ebbene, oggi questo non ce l'abbiamo, manca nel dibattito pubblico soprattutto nel nostro paese l'idea che si possa creare, a partire da questa crisi, una società nuova, manca l'idea che possa esistere qualcosa di diverso dall'attuale sistema, si continua a sperare che in qualche modo il nostro benessere tornerà a fiorire, che in fondo poi questo è davvero il migliore dei mondi possibili, che l'Occidente e la sua civiltà torneranno a fiorire, tutto questo senza considerare che questo momento tragico non va visto come qualcosa di transitorio, senza considerare che la crisi ambientale, alimentare, economica, non sono fatti marginali, ma dirette conseguenze del modo in cui si è vissuto fino ad oggi, del nostro stile di vita decisamente al di sopra di quello che le risorse naturali della Terra possono darci, senz'altro enormemente sproporzionato rispetto alla maggior parte degli altri esseri umani.
La crisi l'abbiamo prodotta noi. Più siamo stati bene, più siamo ingrassati finora, più siamo oggi colpevoli di una crisi che pagheranno tutti.
Ed ecco perchè non c'è da meravigliarsi che nessuno voglia cambiare le cose. Non c'è da meravigliarsi che le forze politiche del nostro paese (in massima parte) siano compatte nella sostanza, annullate le differenze, eliminate le spinte dialettiche, appiattito il dibattito su questioni di forma. Ed è perciò che anche la guerra non solo è ingoiata ma anche votata con convinzione. Dimentichi di quella Costituzione spesse volte citata, evidentemente solo quando non è scomoda. I nostri soldati tra un po' non saranno limitati ad azioni di difesa, e i nostri caccia potranno anche bombardare, anche i civili, come fanno le altre forze Nato quando si sospetta che ci sia un talebano.
Qualche anno fa in molti si sarebbero davvero incazzati, e avrebbero montato un casino contro questo voto....
"Art. 11.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali"
domenica 8 febbraio 2009
La Vita quando è inutile
La Vita quando è utile c'è un'intero Governo della Repubblica a farsene scudo.
La Vita quando è utile si smuove anche il Vaticano.
La Vita quando è utile la si impone a forza, anche a chi non la vuole più, o a chi l'ha già persa, e vuole solo spegnere un corpo già morto.
La Vita quando è utile la si sbandiera come valore al di sopra di tutto, ma buono soprattutto a riempire pagine, vendere giornali e spazi pubblicitari.
La Vita quando è utile è utile anche per distrarre la gente da cose meno importanti.
La Vita quando è utile è utile anche per dire che la Costituzione è stalinista, e che va cambiata.
La Vita quando è utile è un ottimo spot elettorale su cui puoi dire tante cose che fanno impressione ed emozionano la gente.
La Vita quando è utile diventa bipartisan, nè di destra nè di sinistra.
La Vita quando è utile se ne fa una questione di principio nelle omelie della domenica.
La Vita quando è utile serve anche a giustificare il fondamentalismo.
La Vita quando è utile, una Vita quando è utile, persino se è in agonia o già finita, vale più di migliaia di vite spezzate, che invece volevano vivere, che avevano davanti un futuro ancora da immaginare.
La Vita è inutile a politici e giornali, a quelli che la scrivono con la maiuscola, quando è la vita di un palestinese, anzi di migliaia di palestinesi; è inutile quando non è una vita attaccata a un tubo e per mangiare deve addirittura lavorare; è inutile se è quella di un rom linciato; è inutile anzi dannosa se è una vita che muore sotto il fosforo bianco a Falluja; è inutile se è quella di un ragazzo che viene bruciato mentre dorme sulle panchine di una stazione o di un altro che dava fastidio al vicino a perciò si è preso una bella schioppettata con un fucile a pompa.
Insomma la Vita è inutile, anzi la vita, è inutile se non è italiana, non è bianca, non è mediaticamente appetibile, non "eticamente sensibile", non politicamente discutibile, non troppo viva e non troppo rumorosa, è inutile se muore lontano da noi, per guerra o per fame, inutile se non serve a fare campagne populistiche, inutile se non è utile a noi.
Anche per le vite, dunque, rimane valido il "sono tutte uguali", ma ricordiamoci sempre che "alcune sono più uguali delle altre".