giovedì 19 febbraio 2009

o barbarie... o barbarie

"Il Parlamento ha approvato senza obiezioni e con voto plebiscitario un aumento di spesa del 38 percento nei finanziamenti alla guerra in Afghanistan.

40 milioni al mese. Ieri sera il Senato ha approvato all'unanimità il decreto legge (n.209 del 30 dicembre 2008) che rifinanzia tutte le missioni militari italiane all'estero. La Camera dei Deputati l'aveva approvato lo scorso 21 gennaio con due soli voti contrari e quattro astenuti.
Per la partecipazione italiana alla missione Nato in Afghanistan (Isaf) sono stati stanziati oltre 242 milioni di euro per i prossimi sei mesi, ovvero circa 40 milioni al mese - nel 2008 la missione era costata 29 milioni al mese."

[fonte: peacereporter.net]

Mentre l'Italia si lancia nella caccia al rumeno (o "romeno" o "rom"... per i giornalisti italiani non fa molta differenza), il centro-sinistra si strappa le vesti sul dramma di Veltroni, e la "sinistra" affoga nelle sue beghe interne, un Parlamento ormai ridotto a servile adunata di servi esecutori di un volere esterno ed altro approva, di nuovo, ma stavolta praticamente all'unanimità, la guerra.

Non c'è mai crisi per i militari, anzi. Quanto più la crisi si abbatte sull'economia e sulla società tanto più le industrie di armamenti sentono odore di affari fiorenti. E così, mentre la sicurezza della casa e del lavoro è sempre più un miraggio, investire in armi porta i suoi bei frutti di questi tempi, e non a caso sono proprio questi i titoli che in borsa non hanno conosciuto le pesanti cadute degli altri settori. Da che mondo è mondo è sempre stato così. In epoche difficili, quanto il risentimento e la frustrazione dilagano tra la gente, per tenere a bada gli animi bisogna trovare un nemico buono da additare come colpevole di tutto, e distrarre così la gente per bene con questo specchietto per le allodole. E' perciò che la guerra è sempre in salita quando il nostro benessere e la nostra serenità sono in discesa.

Ma se possibile io direi che non è questa la cosa più grave. Periodi neri, tragici, si sono sempre visti nella storia. Ma io oggi sento mancare anche l'idea di un'alternativa, almeno qui in Italia. Una crisi così profonda del capitalismo non si vedeva da 70 anni, eppure quello che adesso c'è di diverso è che nessuno ha una ricetta per uscirne, se non quella di continuare a sostenere, solo con qualche marginale aggiustamento, l'attuale sistema. Manca un'ideologia [o se volete "ideale", che fa meno paura...] capace di fare da collante per tutti quelli che non credono giusto ed equo questo assetto globale. Non chiedo di tornare a credere al comunismo dei soviet russi, come vorrebbe qualche nostalgico tenacemente aggrappato al suo simbolo identitario, però mi piace rileggere pagine di quella vecchia storia, quando di fronte a grandi avversità ci si poteva sentire forti guardando al sogno di una rivoluzione imminente. Ebbene, oggi questo non ce l'abbiamo, manca nel dibattito pubblico soprattutto nel nostro paese l'idea che si possa creare, a partire da questa crisi, una società nuova, manca l'idea che possa esistere qualcosa di diverso dall'attuale sistema, si continua a sperare che in qualche modo il nostro benessere tornerà a fiorire, che in fondo poi questo è davvero il migliore dei mondi possibili, che l'Occidente e la sua civiltà torneranno a fiorire, tutto questo senza considerare che questo momento tragico non va visto come qualcosa di transitorio, senza considerare che la crisi ambientale, alimentare, economica, non sono fatti marginali, ma dirette conseguenze del modo in cui si è vissuto fino ad oggi, del nostro stile di vita decisamente al di sopra di quello che le risorse naturali della Terra possono darci, senz'altro enormemente sproporzionato rispetto alla maggior parte degli altri esseri umani.

La crisi l'abbiamo prodotta noi. Più siamo stati bene, più siamo ingrassati finora, più siamo oggi colpevoli di una crisi che pagheranno tutti.

Ed ecco perchè non c'è da meravigliarsi che nessuno voglia cambiare le cose. Non c'è da meravigliarsi che le forze politiche del nostro paese (in massima parte) siano compatte nella sostanza, annullate le differenze, eliminate le spinte dialettiche, appiattito il dibattito su questioni di forma. Ed è perciò che anche la guerra non solo è ingoiata ma anche votata con convinzione. Dimentichi di quella Costituzione spesse volte citata, evidentemente solo quando non è scomoda. I nostri soldati tra un po' non saranno limitati ad azioni di difesa, e i nostri caccia potranno anche bombardare, anche i civili, come fanno le altre forze Nato quando si sospetta che ci sia un talebano.

Qualche anno fa in molti si sarebbero davvero incazzati, e avrebbero montato un casino contro questo voto....

"Art. 11.

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali"

domenica 8 febbraio 2009

La Vita quando è inutile

La Vita quando è utile la mettono in un decreto legge, previsto dalla Costituzione "in casi straordinari di necessità e d'urgenza".
La Vita quando è utile c'è un'intero Governo della Repubblica a farsene scudo.
La Vita quando è utile si smuove anche il Vaticano.
La Vita quando è utile la si impone a forza, anche a chi non la vuole più, o a chi l'ha già persa, e vuole solo spegnere un corpo già morto.
La Vita quando è utile la si sbandiera come valore al di sopra di tutto, ma buono soprattutto a riempire pagine, vendere giornali e spazi pubblicitari.
La Vita quando è utile è utile anche per distrarre la gente da cose meno importanti.
La Vita quando è utile è utile anche per dire che la Costituzione è stalinista, e che va cambiata.
La Vita quando è utile è un ottimo spot elettorale su cui puoi dire tante cose che fanno impressione ed emozionano la gente.
La Vita quando è utile diventa bipartisan, nè di destra nè di sinistra.
La Vita quando è utile se ne fa una questione di principio nelle omelie della domenica.
La Vita quando è utile serve anche a giustificare il fondamentalismo.

La Vita quando è utile, una Vita quando è utile, persino se è in agonia o già finita, vale più di migliaia di vite spezzate, che invece volevano vivere, che avevano davanti un futuro ancora da immaginare.
La Vita è inutile a politici e giornali, a quelli che la scrivono con la maiuscola, quando è la vita di un palestinese, anzi di migliaia di palestinesi; è inutile quando non è una vita attaccata a un tubo e per mangiare deve addirittura lavorare; è inutile se è quella di un rom linciato; è inutile anzi dannosa se è una vita che muore sotto il fosforo bianco a Falluja; è inutile se è quella di un ragazzo che viene bruciato mentre dorme sulle panchine di una stazione o di un altro che dava fastidio al vicino a perciò si è preso una bella schioppettata con un fucile a pompa.
Insomma la Vita è inutile, anzi la vita, è inutile se non è italiana, non è bianca, non è mediaticamente appetibile, non "eticamente sensibile", non politicamente discutibile, non troppo viva e non troppo rumorosa, è inutile se muore lontano da noi, per guerra o per fame, inutile se non serve a fare campagne populistiche, inutile se non è utile a noi.

Anche per le vite, dunque, rimane valido il "sono tutte uguali", ma ricordiamoci sempre che "alcune sono più uguali delle altre".