lunedì 1 giugno 2009

salvami, salvati, salvali, salviamoci

caro roberto,
l'ultima volta che abbiamo parlato, era venuto fuori il discorso sulla giustizia, parlando del senso delle nostre vite, sullo scopo da dare all'esistenza... le solite chiacchiere da bar, insomma... io insistevo ostinatamente nel dire che se c'è tanta ingiustizia, deve pur esserci una "Giustizia" per cui lottare, e vivere, e in realtà lo dicevo più per convincere me, che per far cambiare idea a te, che su questo non eri d'accordo.
così c'ho continuato a pensare, cercando qualche argomentazione per smuoverti (e per rinsaldare le mie fragili certezze). immaginati, per esempio, di camminare per le strade di milano e di vedere (non ci vuole poi neanche troppa immaginazione...) un immigrato maltrattato dalla polizia, o un ubriacone o un tossico stesi per terra, senza sapere se sono vivi o morti, o una donna malmenata dal compagno, o un ragazzino dormire al freddo su una panchina o un gradino... nelle diverse situazioni vedresti il più delle volte gente che passa indifferente oppure che si ferma a curiosare formando un improvvisato pubblico. tu, ma ugualmente io (ricordati che mi rivolgo soprattutto a me stesso), faresti (farei) molto probabilmente parte di quel piccolo drappello di persone radunate a semicerchio intorno allo sbirro violento di turno, per dirne una... e intorno non sarebbe difficile ascoltare le voci contrastanti di chi approva (con annessi e connessi, dal più classico "sporco negro" al più moderno "bastardo clandestino"), e, parimenti, di quelli che disapprovano. in tutto ciò, tu, o io, saremmo certamente tra quelli indignati dalla prepotenza del poliziotto, e impietositi dalla condizione del ragazzo, così come lo saremmo per il tossico, o la donna vittima del suo uomo. eppure, nonostante l'indignazione e la nobile compassione, probabilmente rimarrei lì fermo, indignandomi e compatendo, magari commentando con chi mi sta vicino, tormentato da una coscienza che mi vorrebbe attivo, aspettando l'intervento di qualcuno più coraggioso e con le idee più chiare, ma in definitiva talmente indeciso sul che fare da dare il tempo alla situazione di sbrogliarsi da sè prima di un mio intervento salvifico.
è chiaro che non parlo di te, forse faresti lo stesso, forse peggio, fregandotene, io però lo so, io farei così, perchè l'ho fatto, l'ho già fatto e lo faccio tutti i giorni. una volta era una ragazza africana senza documenti che non aveva soldi per pagare una multa al controllore, che la minacciava di chiamare la polizia, un'altra volta situazione molto simile su un treno, dove la polizia poi è arrivata davvero, un'altra volta ancora una guardia giurata davanti al discount invitava caldamente due ragazzi senegalesi a "tornà nella foresta a magnà 'e banane", mi capita tutti i giorni quando passo vicino a una "barbona" (ha poco senso questa definizione data ad una donna), evidentemente sola, forse con problemi mentali, ignorata, o peggio disprezzata, dagli sguardi veloci di chi va di fretta a prendere il tram o la metro.
vorrei, in queste circostanze, qualcuno che intervenendo mi desse un esempio, o qualcuno che mi dicesse addirittura cosa fare, come farlo... ma anche qualcuno che mi convincesse del fatto che la cosa non mi riguarda, o tutt'al più che sì, è triste, ma io non ci posso fare niente...
perchè, vedi, noi, essendo di quelli che si impietosiscono o si indignano per queste cose, ci crediamo fondamentalmente diversi dal becero razzista che è contento di vedere ronde in giro e immigrati maltrattati e ubriachi arrestati. ci sentiamo sostanzialmente diversi, non ci riconosciamo in berlusconi o nella lega, e lo dimostriamo non votandoli, e parlandone sempre male, quando vogliamo raccontare dei danni che fanno all'italia. tutto questo, insieme magari al fatto di non aver mai giudicato nessuno dalla sua pelle o dalla sua provenienza, legittima alla radice il nostro sentirci diversi, persino anti-razzisti.
io però penso che in fondo, di fatto, se restiamo sempre, o quasi sempre, tra quelli che stanno a guardare, noi siamo come loro, come i "beceri razzisti" che votano lega, e anzi siamo peggio, siamo fascisti benpensanti, che non sanno nemmeno di esserlo, ma oppressori alla pari dello sbirro dal manganello e dalle manette facili...
a questo punto tu mi dirai "sì, vabbè, ma a me non capita spesso di vedere 'ste cose, anzi quasi mai, milano è grande, semmai qualche volta ne parlano in televisione e scopro che è successo vicino casa mia, ma che ne so io...". e c'hai ragione pure tu, mica teniamo il satellite al posto degli occhi, mica possiamo andarci a cercà le situazioni per poi fare i supereori! è vero. ma le cose poi si sanno, si sa che succedono. solo che tra il vederle dal vivo, l'ascoltarle dalla televisione, e il viverle attivamente ci sono delle sottili differenze.
la nostra non è una condizione isolata secondo me, siamo parte di una generazione, che quando non è esplicitamente razzista, il più delle volte è generalmente schifata dall'andazzo che abbiamo preso come paese, e come mondo. molti di noi sono tendenzialmente pacifisti e contro ogni razzismo. saremmo una forza se fossimo coerenti con quello che diciamo e pensiamo. i nostri "colleghi" dei collettivi universitari o dei partiti ci sembrano troppo radicali, o troppo moderati, o troppo politicizzati... quelli cattolici, quando non conservatori, sono più inclini alla carità che alla lotta. e così davanti alla televisione ci ritroviamo soli, a volte incazzati, ma sempre incapaci di reagire, per di più se c'è uno schermo a separare me da una tragedia. schermo che poi ritrovo anche quando invece l'ingiustizia è a portata di mano, nel mio quartiere, ma non so cosa fare. e così scopro (non so se sia colpa della televisione) che, vicine o lontane, le vite altrui, frustrate o maltrattate che siano, mi sfuggono, perchè sempre tra me e loro ci ritrovo uno schermo, come quello dal quale ti sto scrivendo. lo stesso schermo mi frena dall'agire tanto davanti alla televisione quanto mentre sono nel gruppetto di persone intorno allo sbirro che mena. e non vale giustificarmi, non vale dirmi che io però non sono come loro, non vale nemmeno pensare che io un giorno farò qualcosa di importante per cambiare le cose... (ma a cominciare da quando??)
Insomma: mi costerno, m'indigno, m'impegno, poi getto la spugna con gran dignità!
non chiudo così però, robbè. perchè di vie che si possono prendere ce ne stanno eccome, a volte bisogna cercarle, forse ci vuole lo sforzo di spegnere la televisione, usare meglio internet, leggere qualche giornale e libro in più, e poi soprattutto lo sforzo di essere sempre presenti a se stessi, di non mancare agli appuntamenti che la vita ci mette davanti, credendo magari che stavolta non tocchi a noi salvare il mondo, perchè stavolta andiamo di fretta, o non abbiamo capito bene la situazione, o semplicemente non abbiamo le competenze adatte per intervenire efficacemente. di vie ce ne sono. sono nei mille comitati, associazioni, reti, forum, di gente che non solo s'interessa e parla, ma poi fa, e ci spende la vita, cominciando dal più vicino ("prossimo" direbbe qualcuno), perchè non è che bisogna per forza andare nel "terzo mondo", o in zone di guerra... il prossimo è chiunque, quello che vedo e quello che non vedo, e non si tratta di fare beneficienza o carità, tutto deve nascere secondo me dal sentirsi appunto vicini. dopo anni che ci conosciamo, se ti succedesse qualcosa ti difenderei, mi muoverei per starti vicino e aiutarti, e tu, lo so, faresti lo stesso per me, non perchè me lo devi o perchè ti faccio pena, ma perchè siamo amici... e allora non dovrei fare lo stesso per qualcuno che mi abita accanto, o per i rumeni che da due anni vedo alcolizzarsi sotto casa mia? non sono "prossimi"? e non sarebbe onesto se mi sentissi anch'io un po' colpevole per il razzismo, l'intolleranza, la diffidenza reciproca che sono nell'aria, se non altro perchè finora me ne sono fregato?
e bada, niente di tutto ciò dovrà farci sentire con l'anima in pace e la coscienza a posto: si vive tutti i giorni, ci sono scelte e decisioni da prendere ogni momento, e non esiste la svolta che ci cambia e ci salva una volta per tutte, ogni volta possiamo sbagliare o fare bene, ma ogni volta non sapremo mai veramente se abbiamo sbagliato o fatto bene.
vabbè, non salveremo noi il mondo, e non finiremo sui giornali o sui libri di storia, ma un po' di felicità qua e là potremo condividerla, e allora forse questa sarà la conferma che è valsa la pena di vivere...
...e spero di essermi stato chiaro.

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